“DALLA PESTE AL CORONAVIRUS: LE REAZIONI DELLA SOCIETÀ” a cura di Irene Mazzei

Pandemia. Passato e presente. Continuità e cambiamento. Resilienza e possibilità.  

Da secoli, le pandemie costituiscono un fattore di continuità tra epoche differenti e si contraddistinguono per la determinazione di notevoli cambiamenti per ciò che concerne le dinamiche relazionali, sociali ed economiche. La recente dichiarazione di pandemia da Coronavirus compiuta dall’OMS,  riconduce la mente al passato e, in particolare, al significato che tale evento ha assunto e alla modalità tramite cui il comportamento umano è stato alterato.  

Tra le prime pandemie è possibile rievocare la peste, la quale ha gettato le basi all’idea che esista una malattia capace di sovvertire il funzionamento sociale, generando profonde trasformazioni rispetto alla gestione del patrimonio e alle pratiche religiose;  con l’avvento del colera è stata posta l’attenzione al tema della sanità, incrementando la consapevolezza dell’importanza dell’igiene pubblica e personale al fine contrastare il contagio; sifilide e AIDS condussero alla modifica delle personali condotte sessuali. L’influenza spagnola, considerata tra le più gravi della storia dell’umanità, si contraddistinse per la comparsa di un fenomeno di “rimozione collettiva”. Le crisi più recenti relative a SARS, aviaria e suina, hanno condotto la popolazione all’inserimento dell’obbligo di etichettatura delle carni.  

Tuttavia, se da un lato si rilevano specifiche reazioni dell’uomo ascrivibili all’interno di un peculiare contesto sociale, dall’altro si riscontrano delle ridondanze, ossia la ripetizione di tipici schemi di comportamento nelle varie epoche. Così, il valore nel ripercorre il passato risiede nella sua capacità di raccontarci gran parte del nostro presente, prospettando una visione più integra sull’attuale stato di emergenza, il quale si contraddistingue per la messa in atto, da parte di minoranze sociali, di consuete modalità di comportamento: una propensione ad identificare la figura del capro espiatorio tramite l’attribuzione di colpa verso gruppi specifici; la fuga nei territori ritenuti più sicuri con un aumento del contagio; un atteggiamento di diffidenza o di protesta rispetto alle decisioni prese dal governo; la negazione del pericolo rappresentato dalla malattia. E’ interessante notare come  la principale emozione sottostante tali condotte, sia riconducibile alla paura, la quale, nei suddetti casi, si  tramuta in sospetto verso le autorità, ansia da contagio, angoscia di morte e negazione. 

Nel dettaglio, la negazione è un  meccanismo di difesa che si attiva in risposta a degli stimoli che inducono sentimenti troppo intensi tramite l’estromissione dalla coscienza del fatto intollerabile, invece l’ansia si innesca quando  uno stimolo è  percepito come pericoloso, ma diventa patologica in assenza di una minaccia realistica. Tali emozioni, se negate, o vissute in modo amplificato, determinano un rafforzamento dei comportamenti irrazionali, diventando un pericolo aggiuntivo ad una realtà, di per sé, già difficile e compromessa. Pertanto, all’interno di tale scenario, appare utile non solo entrare  in contatto con le emozioni provate, riconoscerle e accoglierle al fine di ridimensionarle, ma, in aggiunta, sviluppare un atteggiamento di maggiore tolleranza e solidarietà nei confronti dell’altro, il quale è spinto ad agire dalla medesima paura e sofferenza. Inoltre, la condizione di costrizione nelle proprie abitazioni, in cui verte attualmente ciascun individuo, influenza i legami sociali e altera la modalità di rapportarsi, incrementando la solitudine, la tristezza e la noia. Così, se da un lato la pandemia risulta il connubio tra passato e presente, tra continuità e cambiamento, dall’altro è resilienza e possibilità. E’ l’opportunità di sperimentare nuovi modi di esistere e di resistere, oltre che di identificare, all’interno di una condizione-limite, le proprie risorse. E’ il tempo di osservare il passato per ri-orientare il presente, di accogliere l’instabilità, per raggiungere nuove possibilità.

                                                                                                      Dott.ssa Irene Mazzei      

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