FAMIGLIE RESILIENTI: COSI' LA CRISI DIVENTA VOLANO DI RINASCITA a cura di Irene Mazzei

Le famiglie ai tempi del Coronavirus: in bilico tra equilibrio e instabilità, immutabilità e trasformazione, rigidità e flessibilità. La famiglia è un’organizzazione sociale che, nel corso del ciclo di vita, è soggetta a continue trasformazioni di tipo: individuale, circa lo sviluppo emotivo, cognitivo e fisico del singolo;  interpersonale, riguardo all’evoluzione delle relazioni esistenti tra i diversi membri del nucleo; gruppale, in merito alle variazioni della sua composizione; sociale, rispetto ai cambiamenti che si verificano nel contesto di appartenenza. Nel dettaglio, è possibile constatare come l’attuale stato di emergenza, abbia determinato la costruzione di una realtà in cui, ogni sistema familiare si trovi ad affrontare dei mutamenti sul piano sociale, con la conseguente rottura dei precedenti equilibri. La recente malattia pandemica fa parte degli eventi critici definiti paranormativi, i quali si contraddistinguono per il carattere dell’imprevedibilità e pongono la famiglia a confrontarsi con maggiori difficoltà rispetto a quanto avviene nel caso degli avvenimenti critici normativi, intesi come quella serie di fatti prevedibili affrontati dalla maggior parte degli individui nel corso dell’esistenza (matrimonio, nascita dei figli, crescita..). In generale, ogni evento critico si articola da un momento di crisi, caratterizzato da instabilità e da una fase di transizione, in cui è necessario riorganizzare il proprio modo di vivere al fine di raggiungere uno stato di maggiore stabilità. Così, la condizione di squilibrio e di confusione, in cui verte attualmente ciascun individuo, ha determinato non solo notevoli cambiamenti per ciò che concerne le dinamiche relazionali, sociali ed economiche, ma, in aggiunta si rileva una predominanza di  sentimenti associati  alla paura del contagio, all’ansia per ciò che non si conosce e sfugge dal controllo, alla tristezza e alla solitudine generata dall’isolamento sociale. Tali vissuti appaiono comprensibili se si considera come la mente umana riconduca il concetto di crisi alla sua accezione negativa e all’idea del cambiamento come qualcosa da temere e da cui prendere le distanze. Ma, la tendenza a rimanere ancorati al passato, a ciò che è conosciuto e prevedibile, se da un lato aumenta il senso di sicurezza e di protezione, dall’altro limita la possibilità di esplorare ciò che è posto in ombra.

In realtà, vari fattori contribuiscono nel rispondere adeguatamente alle esigenze di trasformazione. Uno dei requisiti essenziali è la capacità della famiglia di essere flessibile, ossia di riorganizzarsi e di alterare le precedenti modalità di comportamento al fine di utilizzare nuove strategie adattive. Un’altra variabile è la resilienza del singolo, intesa come la capacità di sperimentare nuovi modi di esistere e di resistere, oltre che di identificare ed attivare, in un momento di difficoltà, le risorse personali. Anche la presenza di un sostegno familiare e sociale a cui fare riferimento, favoriscono in modo significativo l’adattamento alla nuova condizione sociale. Infatti, l’eventuale condivisione delle emozioni sperimentate in questo frangente di tempo, non solo offre l’opportunità di ridefinire e rielaborare i vissuti, ma, in aggiunta, contribuisce ad aumentare la coesione, cioè il grado di vicinanza tra i membri di un gruppo, i quali si trovano ad affrontare le stesse paure e preoccupazioni. Infine, appare di fondamentale importanza, il significato che viene culturalmente e personalmente attribuito all’evento, il quale concorre a determinare il tipo e il grado di difficoltà affrontato da ciascuna famiglia.  

Tuttavia, se riflettiamo sul concetto di crisi, è possibile cogliere una sfumatura positiva, poiché l’etimologia stessa del termine rimanda a due verbi principali: separare, che dal latino significa “predisporre di nuovo la via” e, decidere, inteso come la “possibilità di tagliare via qualcosa” in funzione di un ulteriore bene possibile. In tale prospettiva, ciascun evento critico acquisisce una funzione positiva perché innesca dei processi evolutivi, infatti, non c’è cambiamento senza accettazione del dolore, non c’è trasformazione senza riflessione, non c’è rinascita senza instabilità.



Psicologa Irene Mazzei

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